lunedì 12 gennaio 2009

Foto 61: "La pattinatrice nel deserto"



Sottofondo consigliato: la femme d'argent ---->


Stanotte ho sognato la pattinatrice, di nuovo. Non so chi sia, non la vedo mai in faccia. Ne vedo solo i piedi (che tra l'altro per me sono la parte piu bella di una donna), vedo che danza sul ghiaccio, ma non so chi sia, anche se il fatto che abbia i piedini piccoli piccoli mi fa venire qualche idea :) Quando alzo gli occhi per guardarla in faccia la vista si annebbia, compare una sagoma danzante e poi lo sguardo ripiomba sui piedi. Ogni tanto appare nei miei sogni, nei posti e nei momenti più improbabili, quando meno te lo aspetti. Non dice niente. Ma si muove, mi guida, mi parla coi movimenti. Stanotte è comparsa nel deserto.
Sognavo di essere un vecchio mercante persiano. Appena arrivato in una città in mezzo al deserto mi sono fermato a rimirarla. All'inizio più con sospetto che con ammirazione. Non è possibile che esista una città così bella, mi dicevo. Io vedevo solo le mura esterne, altissime, tutte d'oro massiccio, tempestate di pietre preziose. Dalle finestre delle torri sventolavano tappeti pregiatissimi, mentre uccelli colorati silenziosi giocavano con gli smeraldi sui davanzali. La città era allo stesso tempo sontuosa ma modesta. Non faceva sfoggio di ciò che aveva. Era silenziosa, ordinata, pacata. E questo la rendeva ancora più superba. Ma dopo poco mi sono reso conto che non potevo entrare. Io, coi miei tappeti tarocchi impolverati sulla spalla, coi denti neri e il cammello sfigato, non potevo entrare. Appena giunto vicino alle guardie che stavano alla porta della città ho chinato il capo e me ne sono andato. Loro non mi hanno dovuto cacciare via, e nemmeno mi hanno deriso. Anzi sono state gentili, quelle guardie. Con uno sguardo paterno e affettuoso ma allo stesso tempo perentorio mi hanno fatto capire che di quella città misteriosa di cui vedevo solo le mura io non ci sarei mai potuto entrare.
Ed è li che è comparsa la pattinatrice, che non sognavo da prima di natale. Pattinava sulla sabbia, con movimenti incantevoli. Belli, semplici, perfetti. E i segni nella sabbia, dopo poco, scomparivano. Come ogni volta, mi sono sentito innamorato della pattinatrice. Come ogni volta volevo parlarle. Ma come ogni volta le ho solo guardato i piedi, senza riuscire ad aprire bocca, paralizzato, tipo Bora di fronte al programma sui bambini del Gaslini di Genova. E poi, silenziosamente, la pattinatrice entra nella città incantata.
Io prendo i miei tappeti polverosi e me ne vado, aspettandola nel prossimo sogno.

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